
EQUILIBRIO BIOLOGICO
Dopo che avremo messo in funzione l’acquario e dopo che esso avrà iniziato il suo ciclo, osserveremo giornalmente che tutto funzioni, che i nostri ospiti non siano troppo numerosi e ci sia spazio sufficiente per tutti, che siano perciò arzilli e che le alghe verdi godano di ottima salute. Se qualcosa non va pensiamo subito alla pulizia, essa è basilare per il buon andamento di un acquario.
Se, nonostante le attenzioni, ci sfugge qualcosa e l’acquario ne risente con sintomi sempre più marcati dobbiamo agire più a fondo:
1) non somministreremo più cibo ai nostri ospiti fino a che non vedremo segni di ripresa;
2) controlleremo che il pH abbia il giusto valore;
3) verificheremo che l’ossigenazione avvenga regolarmente, che cioè la pietra porosa emetta la solita quantità di bollicine d’aria e non sia ricoperta dalle alghe che facilmente vi crescono otturandone i pori;
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4) pazienti attenderemo. Se però l’acqua non si schiarisse e fosse maleodorante ricercheremo la causa in qualche cadavere in fase di decomposizione nascosto alla vista, una volta trovato lo asporteremo, lasciando poi in funzione lo schiumatoio e la pietra porosa anche di notte.
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Sintomi simili può avere la cosiddetta “acqua vecchia” che deve essere cambiata ogni 8-10 mesi con acqua nuova per almeno un quarto. La preparazione dell’acqua nuova avverrà in un recipiente di materiale plastico inerte (polietilene o polipropilene) che acquisteremo nuovo. In acqua di rubinetto non tanto fredda scioglieremo una giusta porzione di sali marini e, dopo che l’acqua tornerà limpida, la immetteremo direttamente in acquario dolcemente. Nel caso in cui il livello dell’acqua nella quarta camera si fosse abbassato agiremo pulendo con acqua corrente, a distanza di una settimana una dall’altra, i componenti e le “camere di scorrimento”, che troppo intasati non permettono il normale deflusso dell’acqua.

Quando nella quarta "camera" si abbassa il livello dell'acqua si deve pulire parte del filtro
ALIMENTAZIONE
Per quanto riguarda il cibo, in commercio esistono molte varietà di confezioni di alimenti, adatti alla dieta dei pesci. Ve ne sono essiccati, liofilizzati, a crema, surgelati, etc. Generalmente, i gamberi, le cozze e le vongole bene risolvono il problema del cibo, basta tritarli finemente. Il cibo va somministrato una volta ogni due giorni in una giusta dose che riterremo adeguata quando sarà consumata totalmente, non lasciando residui, che decomponendosi inquinerebbero l’acqua. Per la dieta dei Celenterati, oltre ai naupli di Artemia salina, vanno benissimo le cozze. Cozze ridotte in poltiglia che, filtrate con un panno, danno una specie di lattice da liberare in prossimità dell’animale. Per questa operazione occorre una pompetta di gomma a mano, collegata ad un tubicino di plastica morbida. Riempiamo la pompetta di lattice di cozza, fermiamo per una decina di minuti pompe ed aereatori e spruzziamo piccoli quantitativi di cibo direttamente verso l’ospite da nutrire.
Cibare gli Echinodermi è ancora più facile. Stelle e Ricci apprezzano molto le lumache di mare (del genere Monodonta) e piccole cozze vive, reperibili facilmente in prossimità della riva.

Confezione di Artemie surgelate




Confezione di alimenti surgelati (cozze, vongole, gamberi, ecc.)
Gamberetti liofilizzati
Gasteropodo (Murex trunculus) che attacca una cozza
Spruzzatore per alimenti lattici, composto da pompetta e contenitore graduato
DECESSI: CAUSE E RIMEDI
L’inquinamento è la causa principale della morte dei pesci. Al primo sintomo cerchiamone la causa e annulliamola. Anche le malattie possono essere colpevoli dei decessi. Esemplari dall’aspetto normale possono essere malati o portatori sani di germi nocivi. La cosa più saggia prima di introdurli in acquario sarebbe quella di poterli tenere isolati in un’altra vasca, detta di “quarantena”, dove se ne può studiare il comportamento.
A volte alcuni pesci muoiono per via del travaglio a cui sono sottoposti nella cattura, nel trasporto o nel nuovo ambiente. Altre volte è la “selezione naturale” ad agire, possiamo pensare di intervenire in aiuto degli esemplari più deboli ed indifesi ma pensiamo che un buon andamento in acquario è tale solo quando gli interventi esterni siano rarissimi cercando di far convivere specie diverse. Comunque possiamo esaminare qualche aspetto delle poche malattie riscontrate nei pesci.
A volte capita di osservare un pesce con occhi gonfi e fortemente sporgenti; le cause possono essere l’inquinamento dell’acqua o una fortuita ferita. Nel secondo caso agiremo sull’occhio trattandolo con un buon prodotto oftalmico con antibiotici e se l’infezione non sarà troppo avanzata avremo possibilità di salvarlo. Conviene comunque isolarlo nella vasca di quarantena. Se il manto del pesce perde di colore la causa è da ricercarsi nell’alimentazione carente di vitamine.
A volte la somministrazione di oligoelementi è sufficiente ad eliminarlo. Può capitare di vedere i nostri ospiti insolitamente fermi e con difficoltà di respirazione; vediamo subito nel filtro che l’ossigenazione avvenga normalmente e se l’acqua non è chiara puliamo qualche camera di scorrimento. Assicuriamoci inoltre che non ci siano cause d’inquinamento all’interno della vasca, magari fra le rocce o sotto la sabbia.
Se notate punti bianchi su pinne, occhi o pelle il pesce è attaccato da un ciliato unicellulare (Cryptocarion irritans) che va debellato usando regolarmente e per più giorni l’Exrapid, fino alla totale scomparsa dell’ultimo punto bianco.
NUOVI ESEMPLARI
Per catturare i primi o nuovi esemplari esistono innumerevoli modi: nei mesi invernali con lenza, nasse, reti, stivaloni, etc.; nel periodo estivo anche in immersione.
Gli accessori sono: una canna da pesca. filo dello spessore di 0,10 mm, ami n. 11, 12, 13, piccole olivette di piombo e un sugherello galleggiante.
Come nella figura, costruiamo la lenza eliminando l’ardiglione dall’amo. Per esca possiamo usare pezzetti di gambero, cozze, o, più appropriatamente, esche vive tipo "tremolina".


Schema di una semplice lenza per catturare nuovi esemplari, e particolare dell'amo: l'ardiglione che va eliminato
Cerignolo
Dopo aver coperto l’amo con l’esca, lasciamo affondare la lenza. Ai primi sintomi di galleggiamento desueto del sugherello, o se addirittura affonda, diamo un piccolo strattone all’in su alla canna e, continuando ad alzare, recuperiamo dolcemente.
Se il pesce ha abboccato, slamiamolo con cautela e “imprigioniamolo” nel retino (cerignolo) che avevamo già legato sotto il pelo dell’acqua, dove attenderà insieme agli altri di essere travasato in appositi recipienti per il trasporto; operazione questa da fare solo all’ultimo minuto, prima di andare via.

Le nasse sono anche buoni strumenti di cattura. Non danneggiano il pesce e non c’è nessuno sforzo da parte nostra. Sono di giunco, di corda o anche di perspex, quest'ultime sono costruite a mo’ di labirinto, in modo che il pesce entrando, attratto dall’esca collocata all’interno, non riesca più ad uscirne.
Gli stivaloni sono indispensabili, d’inverno, se vogliamo procurarci in acque basse Attinie, Ricci, Paguri, etc.
Anche l’immersione fino alla cintola, con l’ausilio di una maschera subacquea e di un boccaglio, è sufficiente ai nostri scopi. Ci armeremo di un retino, di una capiente e robusta busta di plastica trasparente, un paio di guanti di gomma e tanta pazienza.
Vediamo un’Attinia, un Pomodoro di mare?: allunghiamo la mano guantata; sorprendiamo uno Scorfano, una Bavosa che ci interessa?: accostiamo con cautela la busta di plastica e intrappoliamoli; notiamo Donzelle e Tordi di mare nelle vicinanze?: spacchiamo un Riccio per richiamarli e mangiarne l’interno e attendiamo il momento buono per la cattura con il retino.
Nassa a rete


In pochi centimetri d'acqua, tanto brulichio di vita marina: dai Ricci alle "Pietre vive", dalle Stelle di mare ai Paguri, ai piccoli coloratissimi pesci di scoglio




Altri tipi di contenitori per il trasporto: atermici in plastica o in vetro a chiusura ermetica

Già abbiamo indicato l’uso del cerignolo per il buon mantenimento in vita dei pesci pescati finché si andrà via. Le altre specie è opportuno alloggiarle temporaneamente in due secchi pieni d’acqua di mare il più possibile pulita, tenendoli in luoghi freschi. Abbiamo detto due secchi in quanto è bene non mischiare esemplari che non possono difendersi da altri, loro mortali nemici, per lo spazio angusto e per lo sballottamento continuo cui il recipiente è e sarà sottoposto. Pietre “vive”, Attinie, alghe da una parte, il resto dall’altra. Con l’aiuto di un retino poniamo gli esemplari in buste di plastica riempite per un terzo d’acqua e due terzi d’aria. I sacchetti vanno chiusi ermeticamente anche con elastici e, se fa troppo caldo, trasportati in recipienti isolanti o addirittura refrigeranti.






Certo i Ricci, le pietre, i Granchi e tutti gli esemplari pericolosamente “spigolosi”, ma anche quelli particolarmente delicati (Spirografi, Nudibranchi, etc.) non vanno imbustati nelle sacche di plastica facilmente perforabili, ma collocati in taniche di plastica o barattoli di vetro con poca acqua. Se i pesci sono oltre i 5 cm, mettiamone solo uno per busta.
Se il periodo del trasporto dovesse durare molte ore, allora ricorreremo alle pasticche d’ossigeno. Queste, non più di mezza per sacchetto, daranno, sciogliendosi lentamente, la possibilità di sopravvivere ai futuri ospiti anche fino ad 8-10 ore in acqua ben ossigenata.
In caso di attacchi violenti di altri pesci nei confronti di un esemplare lo ripeschiamo subito col retino e lo lasciamo per qualche ora in una vaschetta a parte con acqua dell’acquario, magari con una pietra porosa funzionante: gradualmente si riprenderà e riacquisterà la forza per difendersi e farsi il suo spazio vitale nel nuovo ambiente.
In sequenza, le varie fasi per un buon trasporto degli animali: con l’ausilio di un retino immettiamo il pesce in una busta di plastica riempita per un terzo d’acqua di mare, ne chiudiamo accuratamente l’estremità superiore e inseriamo la busta insieme alle altre in un contenitore atermico; se il trasporto dovesse durare parecchie ore usiamo un aereatore a pile, collegandogli più pietre porose (tante quante sono le buste), oppure pasticche che sciogliendosi gradualmente liberano ossigeno nell’acqua, così da mantenere a lungo in vita i nostri nuovi esemplari

Basta spaccare un Riccio di mare per avere a portata di mano molteplici esemplari per il nostro acquario
